Il Metodo di Manipolazione Fasciale è un ciclo di report dedicati all’approfondimento delle disfunzioni che più comunemente abbiamo incontrato nella pratica clinica, di come si presentano e di come possono essere curate con la Manipolazione fasciale. Professionisti del settore ci raccontano alcuni dei loro casi, descrivendo accuratamente la sintomatologia dei pazienti, il piano di lavoro adottato e i risultati raggiunti grazie al trattamento. Per motivi di privacy i nomi dei pazienti sono stati modificati.

Un paziente M. A., di 51 anni, titolare di un’impresa edile, si presenta in ambulatorio per attacchi simili a “angina pectoris”. Manifesta intenso malessere a livello sternale accompagnato da nausea, senso di oppressione e di svenimento.

I suoi primi sintomi si sono presentati nel 2004; essi peggiorano con il cambio di stagione o con la presenza di caldo afoso o in zone affollate come gli aeroporti. Riferisce che l’unica maniera per calmare i sintomi è bere piccoli sorsi d’acqua e stendersi per terra.

Si è recato più di dieci volte in Pronto Soccorso per sospetto infarto cardiaco. Tutti gli esami eseguiti sono risultati negativi, tra cui ECG, holter, enzimi cardiaci, esami ematochimici e indagini strumentali. Gli sono state somministrate flebo antidolorifiche, che hanno migliorato i sintomi per una settimana, ma poi gli attacchi sono sempre ripresi.

Con il passare degli anni il suo quadro clinico peggiora: da un attacco al mese, ad un attacco alla settimana, a più attacchi al giorno.
Inizio la visita con una verifica motoria di sequenze. All’ iperestensione, il paziente presenta una limitazione e la comparsa di una marcato tremore a livello del retto addominale e alla regione del collo.

Tutte le altre verifiche motorie risultano negative.
Continuo con la palpazione delle catenarie del tronco, sospettando una disfunzione dell’apparato respiratorio. La sequenza viscerale è compromessa per la concomitante presenza di reflusso gastro esofageo. La catenaria di an-la risulta più alterata. Palpo i punti pivot e i punti distali. Mi allargo nei punti accessori, dove trovo AN molto densificato.

Inizio il trattamento dai punti di an-sc bi, an-th dx, an ca dx. I punti sono molto rigidi e rievocano la sintomatologia del paziente. Aggiungo anche an-th sx per aiutare an-sc sx.
Alla fine del trattamento il paziente sente il torace più “leggero”.

Nella seconda visita tratto la catenaria di an-me. Alla terza visita, a distanza di 4 settimane, gli attacchi sono pressoché spariti. Tratto alcuni punti della linea tensiva di an-la.
Dopo un anno il paziente si ripresenta in ambulatorio per un piccolo attacco.

Valuto nuovamente le catenarie: an-la risulta la più alterata. Tratto i punti di an-ca sx, an-sc sx, an-th sx aggiungendo re-sc sx per bilanciare, in quanto il paziente riferisce saltuari dolori in regione gleno-omerale omolaterale. Il paziente riporta un senso di leggerezza. Programma una seconda seduta di controllo a distanza di due settimane.

In seconda seduta, riferisce che la sintomatologia non si è più presentata, se non per una leggera tensione nell’arcata costale a sinistra.

Alle verifiche motorie, noto una rigidità al collo nel lato destro.
Ipotizzo una disfunzione all’apparato circolatorio e procedo con la palpazione delle catenarie. La catenaria di an-la risulta più alterata della catenaria di an-me. Estendo la palpazione ai punti cerniera e distali.

I punti più alterati sono an-la-th2**, an-la-sc2***, an-la-ca1*. Trattati questi punti, alla domanda se sente la testa più leggera, il paziente riferisce un senso di stordimento. Palpo posteriormente, re-la-th e re-la-cl dx riscontrando il secondo più alterato. Trattato il punto, il paziente presenta una escursione articolare del collo simmetrica e una testa più leggera con un senso globale di leggerezza.

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